A cura di Cristina Festari

Nelle scorse settimane la prestigiosa rivista JAMA ha reso pubblici i dati preliminari di un vasto studio, Imaging Dementia—Evidence for Amyloid Scanning (meglio conosciuto come IDEAS), volto a valutare l’associazione tra l’esecuzione di una PET per amiloide e i successivi cambiamenti nella gestione clinica di pazienti affetti da disturbi cognitivi lievi o demenza ad eziologia incerta. Il fine ultimo dello studio è l’inserimento della PET per amiloide nel work-up diagnostico per la demenza, così da garantire la copertura del costo dell’esame da parte del Centers for Medicare & Medicaid Services (CMS), l’agenzia federale americana che, tra le varie funzioni, amministra gli standard di portabilità dell’assicurazione sanitaria. Il risultati dello studio potrebbero avere importanti ripercussioni anche nei paesi europei. Infatti, la PET potrebbe essere rimborsata dai Sistemi Sanitari Nazionali solo a fronte di una provata utilità clinica.

IDEAS è uno studio longitudinale multicentrico dalle numerosità senza precedenti. Ha, infatti, coinvolto 16.008 pazienti e 946 medici esperti di demenza provenienti da 595 siti sparsi negli Stati Uniti. Per ciascun partecipante, i medici hanno indicato la diagnosi e il piano di gestione del paziente prima dell’esecuzione della PET e di nuovo dopo averne appreso l’esito. L’utilità clinica della PET è stata indagata considerando la percentuale di cambiamento in queste variabili, prima e dopo l’esito della PET.

Degli 11.409 partecipanti che hanno completato lo studio, 6.971 (61%) hanno ottenuto una scansione PET positiva. L’impatto sulla diagnosi eziologica è stato enorme: il 25.1% dei partecipanti (ossia 2.860 pazienti) ha visto modificare la sua diagnosi da malattia di Alzheimer (AD) ad altra malattia neurodegenerativa (non-AD) e il 10.5% (1201 persone) da non-AD ad AD. Considerando l’impatto sulla gestione clinica, intesa come cambiamenti nel piano terapeutico, inizio di counseling per la sicurezza e la pianificazione della vita futura, essi sono stati osservati in 7.018 pazienti (61.5%).

“Per quanto interessanti, questi risultati supportano (ma senza la randomizzazione non dimostrano) una relazione tra l’esito della PET per amiloide e le successive modifiche nella gestione del paziente”, hanno scritto Clifford Jack e Ronald Petersen in un editoriale che accompagna l’articolo su JAMA. È poco probabile tuttavia che questi risultati influenzino la rimborsabilità dell’esame perché, continuano Jack e Petersen, “(…) affinché il costo della PET amiloide sia coperto dal CMS, deve essere dimostrato che il risultato di una scansione ha un effetto positivo sulla salute dei pazienti, non solo sui processi di gestione del paziente, e, senza una terapia per la malattia, ciò potrebbe richiedere tempo.”

Resta da vedere se la seconda fase dello studio potrebbe essere più persuasiva. Rabinovici e colleghi hanno seguito questi pazienti per dodici mesi, in modo da osservare eventuali benefici a lungo termine (esempio, un numero inferiore di visite all’ospedale o di accessi al pronto soccorso) dettati da una maggiore accuratezza diagnostica già in fase precoce.

Paper originale disponibile qui: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/30938796

Editoriale firmato da Clifford Jack e Ronald Petersen consultabile qui: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/30938781