Cummings JL et al. (2015)
Effect of Dextromethorphan-Quinidine on Agitation in Patients With Alzheimer Disease Dementia. A Randomized Clinical Trial
JAMA. 314:1242-1254.

L’agitazione è uno dei sintomi neuropsichiatrici più frequenti e clinicamente rilevanti che si presentano nel corso della malattia di Alzheimer (AD), fattore stressante per i pazienti e per chi se ne prende cura, associato a maggiore rischio di istituzionalizzazione. Gli interventi non farmacologici sono raccomandati come primo approccio al trattamento, ma risultano di difficile applicazione nel caso di sintomi severi. Sebbene alcuni psicotropi siano prescritti per il trattamento dell’agitazione, i modesti benefici e i relativi problemi di sicurezza pongono dei limiti al loro utilizzo. L’utilizzo combinato dei farmaci destrometorfano (DM) e chinidina (Q) è approvato, negli Stati Uniti e nell’Unione Europea, per il trattamento della sindrome pseudobulbare (PBA), e i dati oggi a disposizione suggeriscono un potenziale effetto sull’agitazione. Questo è il razionale alla base dello studio condotto da Cummings e colleghi, della Cleveland Clinic Lou Ruvo Center for Brain Health, di Las Vegas, un clinical trial randomizzato, di fase II, multicentrico, in doppio cieco, controllato vs placebo, di 10 settimane per verificare l’efficacia e la sicurezza del destrometorfano–chinidina (DM-Q) nel trattamento dell’agitazione da moderata a severa in pazienti con AD. I ricercatori hanno utilizzato il sequential parallel comparision design, un disegno sperimentale che prevede due stadi di randomizzazione successivi. Nello stadio 1, sono stati randomizzati 220 pazienti, con un rapporto 3:4 (93 inclusi nel gruppo di trattamento con DM-Q e 127 nel gruppo placebo). Nello stadio 2, dopo 5 settimane di trattamento, il gruppo sperimentale ha proseguito l’assunzione; il gruppo placebo è stato stratificato in base alla risposta al trattamento e i pazienti ri-randomizzati con un rapporto 1:1 (59 assegnati al gruppo DM-Q e 60 al placebo). 194 pazienti (88%) hanno completato lo studio. I risultati combinati delle fasi 1 (tutti i pazienti) e 2 (ri- randomizzati non rispondenti al placebo) hanno mostrato una riduzione significativa dell’agitazione, misurata con gli item agitazione/aggressività del Neuropsychiatric Inventory-NPI. Nei pazienti trattati con DM-Q la riduzione media del punteggio dal basale alla settimana 10 è stata del 50.7%, rispetto al 26.4% del gruppo placebo. Il profilo di sicurezza del DM-Q è già stato definito dagli studi sulla PBA. In questo studio il farmaco è risultato ben tollerato e pochi pazienti hanno interrotto il trattamento per eventi avversi (AE). Gli AE rilevati includono cadute, diarrea e infezione del tratto urinario. Il farmaco non è risultato associato a deficit cognitivo, sedazione o prolungamento del QTc. In un editoriale di accompagnamento, i ricercatori del King’s College di Londra, commentano questi risultati preliminari, che seppur incoraggianti, richiedono conferme da ulteriori studi clinici per verificare l’efficacia e la sicurezza di questo approccio, con una durata di trattamento più lungo. Nell’attesa che vengano condotti, invitano gli esperti internazionali a discutere le priorità di potenziali trattamenti per l’agitazione nei pazienti con demenza al fine di migliorare la pratica clinica, e comprendere e incorporare il punto di vista del paziente e dei caregiver nella valutazione dei rischi e benefici in relazione ai predetti trattamenti.

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