A cura di Michela Pievani, Samantha Galluzzi e Cristina Festari

È stata portatrice di importanti novità l’edizione 2022 del convegno internazionale Clinical Trials in Alzheimer’s Disease (CTAD, San Francisco, 29/11-2/12), il principale convegno dedicato alle nuove terapie, farmacologiche e non, dei disturbi neurocognitivi, con speciale attenzione alla malattia di Alzheimer (AD). Finalmente, dopo anni di insuccessi per i cosiddetti farmaci “disease-modifying”, cioè i farmaci che modificano il decorso della malattia attraverso la rimozione dell’amiloide, il lecanemab, prodotto da Eisai e Biogen ha dimostrato di rallentare del 27% la progressione della malattia di Alzheimer in pazienti con amiloidosi cerebrale che si trovano in una fase molto iniziale di malattia. Lo studio ha riportato un rallentamento del declino in tutti gli indicatori clinici e funzionali indagati, nonché una riduzione dei livelli delle proteine neurotossiche all’origine della malattia (amiloide e tau) dopo 18 mesi di trattamento. Sono state osservate reazioni correlate all’infusione nel 26% dei partecipanti ed anomalie di imaging correlate all’amiloide (ARIA), come edema, nel 13% dei casi, ma solo nel 3% dei casi erano sintomatiche. L’articolo completo con tutti i risultati è stato pubblicato sulla prestigiosissima rivista New England Journal of Medicine: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/36449413/).

Al congresso CTAD sono inoltre stati presentati i risultati di un altro farmaco anti-amiloide, gantenerumab (sviluppato dall’azienda Roche), che non ha mostrato benefici clinici nonostante una riduzione nei livelli delle proteine amiloide e tau. Malgrado questi risultati, l’azienda ha comunicato che continuerà a investire nella ricerca di nuovi trattamenti per la malattia di Alzheimer (comunicato stampa ufficiale completo al seguente link: https://www.roche.com/media/releases/med-cor-2022-11-14).

Il risultato positivo di lecanemab rappresenta un momento di svolta: è la prima volta, dopo più di 10 anni di studi sperimentali sui farmaci anti-amiloide, che un farmaco ha dimostrato di riuscire a modificare la storia naturale della malattia, riducendone la progressione. L’Alzheimer’s Association americana ha espresso il suo entusiasmo per questo risultato e ha commentato che potrebbe rappresentare la possibilità, per i pazienti, di riconoscere i propri coniugi, figli e nipoti per molti mesi in più. Alla luce di questi dati, la FDA americana all’inizio del nuovo anno deciderà se autorizzare la commercializzazione del farmaco. Ma prima che sia disponibile in Europa, si dovrà aspettare l’autorizzazione dell’agenzia per il farmaco europea. Ci uniamo all’entusiasmo di tutti i ricercatori per questo risultato, augurandoci che possa rappresentare un messaggio carico di speranza e fiducia per tutte le persone con malattia di Alzheimer e per le loro famiglie!

 

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