A cura di Monica Almici

Alison Abbott: Treating Alzheimer’s before it takes hold. Nature, Vol 603, 216-219, 10 Marzo 2022. doi: 10.1038/d41586-022-00651-0

Prendere un farmaco per l’Alzheimer quando si è giovani ed in salute, perfettamente in forma e in piena attività lavorativa potrebbe sembrare inconcepibile.

Non è così per 43enne Marty inserito in un progetto di ricerca che prevede ogni due settimane la somministrazione di una terapia sperimentale chiamata Gantenerumab e una serie di controlli periodici quali risonanze magnetiche, analisi del sangue, test cognitivi, punture lombari. Perché lo fa?

I ricercatori hanno identificato nel suo DNA una rara mutazione genetica che quasi certamente porterà Marty a sviluppare una forma di malattia di Alzheimer ad esordio precoce; per cui, partecipando alla sperimentazione, lui spera di poter prevenire o quantomeno ritardare il più possibile l’esordio dei sintomi, che sa potrebbero arrivare nel giro di pochi anni.

Il farmaco sperimentale assunto da Marty fa parte della famiglia degli anticorpi monoclonali che sono stati sviluppati per attaccare e ripulire il cervello dalle placche di amiloide, il cui accumulo a livello cerebrale inizia a presentarsi molti anni prima dello sviluppo dei sintomi cognitivi. Per alcuni di questi anticorpi (oltre al Gantenerumab ci sono Lecanemab, Donanemab e Aducanumab) si stanno raccogliendo le prime evidenze della loro efficacia. L’utilizzo nelle fasi precliniche ci aiuterà a capire se la loro azione a livello cerebrale si traduca in un effetto sulla cognitività, evitando lo sviluppo delle difficoltà cognitive o almeno rallentandone significativamente esordio e decorso.

In queste sperimentazioni convergono sia gli sforzi di ricercatori di tutto il mondo che stanno provando a giocare d’anticipo nella partita contro la malattia di Alzheimer che le attese di chi, come Marty, può sperare di non subire una sconfitta.

L’articolo completo può essere visionato al seguente link:

https://www.nature.com/articles/d41586-022-00651-0