A cura di Valentina Saletti

In letteratura diversi studi hanno dimostrato come il bilinguismo sembri avere un ruolo importante nel ritardare l’insorgenza della malattia di Alzheimer (AD). Recentemente sulla rivista Dementia & Geriatric Cognitive Disorders è stato pubblicato uno studio condotto su 253 pazienti affetti da AD che dimostra come nelle persone che parlano due lingue i sintomi della malattia si manifestano circa quattro anni dopo rispetto alle persone monolingue. Stando ai risultati dello studio, sembrerebbe che parlare e pensare abitualmente in due lingue rafforzi la riserva cognitiva, intesa come resilienza del cervello nel far fronte al danno cerebrale. Le persone che parlano due lingue devono scegliere sempre quale utilizzare e selezionandone una, mettono da parte l’altra. Questa azione avviene nelle regioni frontali del cervello, che gestiscono le funzioni esecutive, le quali regolano i processi di pianificazione, controllo e coordinazione del sistema cognitivo. Esercitare costantemente queste funzioni può aiutare a resistere al declino cognitivo. Come suggerisce il dottor Mario Mendez, principale ricercatore di questo studio e professore di Neurologia e Psichiatria alla University of California di Los Angeles, generalmente per unbilingue risulta abbastanza facile utilizzare la lingua appropriata al contesto, tuttavia con il progredire della malattia di Alzheimer questa capacità diminuisce. Lo studio oltre a dimostrare che il bilinguismo ritarda i sintomi del declino cognitivo, rivela che ciò avviene anche nel caso in cui la seconda lingua venga appresa in ritardo, quindi non fin dai primi anni di vita. Il professor Mendez sostiene che imparare una nuova lingua è sicuramente impegnativo, così come l’approccio ad una nuova cultura, se questo però rafforza la riserva cognitiva e ritarda il declino cognitivo, allora si tratta di una sfida che forse vale la pena affrontare.

Potete trovare maggiori informazioni a questo link:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/32045913