A cura di Lorenzo Pini

Genetic assessment of age-associated Alzheimer disease risk: Development and validation of a polygenic hazard score.
Desikan RS, Fan CC, Wang Y, Schork AJ, Cabral HJ, Cupples LA, Thompson WK, Besser L, Kukull WA, Holland D, Chen CH, Brewer JB, Karow DS, Kauppi K, Witoelar A, Karch CM, Bonham LW, Yokoyama JS, Rosen HJ, Miller BL, Dillon WP, Wilson DM, Hess CP, Pericak-Vance M, Haines JL, Farrer LA, Mayeux R, Hardy J, Goate AM, Hyman BT, Schellenberg GD, McEvoy LK, Andreassen OA, Dale AM.
PLoS Med. 2017 Mar 21;14(3):e1002258. doi: 10.1371/journal.pmed.1002258. eCollection 2017.
L’identificazione di persone a rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer (AD) è un aspetto di importanza strategica nell’ambito della prevenzione e dello sviluppo di nuove terapie. A questo proposito, un team di ricercatori ha sviluppato un punteggio di stima del rischio di sviluppare AD basato su età e genotipo. La ricerca, pubblicata nel mese di Marzo su PLoS Medicine a firma di Rahul Desikan, parte dal presupposto che ogni persona è potenzialmente a rischio di sviluppare AD.
I ricercatori hanno analizzato il genotipo di più di 70 mila persone, sia sane che affette da AD, partecipanti a diversi progetti di ricerca, come l’International Genomics of Alzheimer’s Project o l’Alzheimer’s Disease Genetics Consortium. Questi dati hanno permesso di ricercare i cosiddetti polimorfismi a singolo nucleotide (SNP), ossia singole variazioni in punti specifici del genoma associati alla malattia di AD. Successivamente, queste informazioni hanno permesso di sviluppare e testare un punteggio di rischio (polygenic hazard score; PHS) basato su diversi SNP. I soggetti con punteggio più alto al PHS, sviluppavano AD con un anticipo di 10-15 anni rispetto ai soggetti con punteggi più bassi. Questi risultati sono stati confermati anche nei soggetti privi dell’isoforma E4 dell’alipoproteina E (APOE), considerato il maggiore fattore di rischio genetico di AD. I punteggi più elevati risultavano inoltre ben correlati sia ai biomarcatori in vivo che al quadro cognitivo e di neurodegenerazione tipico di AD.
Questo strumento potrebbe essere di grande utilità clinica per il disegno di trial clinici sull’AD, sebbene gli autori stessi sottolineano l’importanza di un’ulteriore validazione del punteggio, includendo etnie diverse da quelle americana ed europea prese in esame.

Maggiori informazioni al seguente link.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28323831