MCI (decadimento cognitivo lieve)

Il decadimento cognitivo lieve è una condizione clinica caratterizzata da una sfumata difficoltà in uno o più domini cognitivi (quali, ad esempio, memoria, attenzione o linguaggio), oggettivata attraverso i test neuropsicologici, tale però da non compromette le normali e quotidiane attività di una persona. Spesso ci si riferisce a questo status con l’acronimo inglese MCI, che significa Mild Cognitive Impairment.

Le persone con il decadimento cognitivo lieve di solito incontrano qualche difficoltà ad ultimare alcuni compiti complessi, che prima avevano sempre eseguito senza difficoltà, come occuparsi dei propri affari finanziari, prepararsi un pasto oppure fare la spesa. Potrebbero necessitare di tempi più lunghi, oppure essere meno efficienti o fare più errori rispetto al passato nelle medesime attività, ma ciononostante mantenere la loro autonomia e indipendenza. A volte manifestano essi stessi preoccupazione rispetto a questo cambiamento nella qualità delle loro performance.

L’MCI è un fenomeno tutt’altro che unitario e generalmente si riferisce a uno stato di transizione tra il normale invecchiamento e la demenza lieve.

Il declino cognitivo lieve può essere classificato in relazione alla funzione cognitiva deficitaria all’esordio dello stesso. Avremo quindi:

  • MCI amnesico: quando la persona lamenta un deficit di memoria isolato.
  • MCI non amnesico: quando la persona presenta un deficit isolato in una dominio cognitivo diverso dalla memoria, quale attenzione, linguaggio o funzioni esecutive.
  • MCI multidominio: quando la persona presenta deficit in più di una funzione cognitiva.

Poiché gli studi di letteratura indicano che una percentuale stimata tra 10-15% di pazienti con diagnosi di Mild Cognitive Impairment ogni anno sviluppa la demenza di Alzheimer (AD), gli sforzi dei ricercatori e dei clinici sono tesi a individuare le caratteristiche prodromiche, ossia precocissime e spesso visibili solo con l’ausilio di esami strumentali, così da intervenire prima possibile con trattamenti specifici, se utili.

Per cui è stata sviluppata un’altra nomenclatura basata sulla patogenesi, volta pertanto all’individuazione dei segni clinici e dei marcatori specifici in cui il declino cognitivo dovrebbe evolvere. Avremo quindi “MCI dovuto ad AD”, se il medico ritiene che il quadro clinico sia destinato a diventare un quadro di malattia di Alzheimer, piuttosto che “dovuto ad FTD”, se sospetta un esordio di Demenza Fronto-Temporale.

È pertanto evidente che per la formulazione della diagnosi i medici continuino ad usare gli strumenti clinici tradizionali, come il colloquio con il paziente e con un familiare, l’esame obiettivo, l’analisi del profilo cognitivo ottenuta dalla somministrazione dei test neuropsicologici, ma si affidino anche all’essenziale supporto degli esiti degli esami strumentali (esami del sangue, tecniche di neuroimaging (RMN o PET), per citarne alcuni).

È bene ricordare però che non tutte le persone a cui viene diagnosticato il declino cognitivo lieve condividono lo stesso destino. In alcuni, i sintomi si mantengono stabili nel tempo, in gravità e frequenza; in altri, il deficit migliora o addirittura può regredire, se secondario a un’altra condizione clinica o di stress emotivo (quale depressione, carenze vitaminiche, abuso di medicinali o alcol) su cui il medico può intervenire.